Momenti. Momenti di Pathos. - Divagazioni letterarie in ordine a Caravaggio.
PISCOPANTE TRIBUNAL
-"...Obbedite !!"
"Ecco,monsignore,leggete...sovvertire...leggete...vuole...cercare..trovare...è un pericolo...permettere...lasciare...monsignore !..., non puo'-...-e se trova ?"
-"...Calmatevi!", suono', sul freddo marmo presbiteriato, l'episcopale piede.
Pizzi e vari trini ritrassero, d'istante. L'ira monsignoriale timava. Fluttuò, ne l'ombra censata, l'anello, con flamma sanguata.
Chinò, un dè pizzi, e lesto, sguardo desto sui fogli: Copie de ratti frammenti.
E, nella lettura, mani mani, passavano.
"Ascolti, come comanda, la piscopata vostra persona, cosa - oh! folle- vuol quel pazzo d'un pictor forascito fare:..."
-"Ascolta, la cathedra nostra, la vostra voce, tribunalizia, e trema d'orrifica ira!- e, con la nostra, sentiam salir da terra et possente boare insino a volta, quella, ossuta, de li predecessori nostri.
Noi, da vicar de Piero fumo crismati a' questa cathedra, noi !
Inquisitorial ne sia l'incarto vostro, com'ancho quanto ve commanniamo, ora, con voce nostra, in nome de sancta oboedientia, deinde in scriptis."
-"E se reità non fusse manifesta ?"
-"Se ne proceda, cossì chigghiamo, monsignorianza, ancho se omninamente ne fusse innensistente."
-"Non comprendiamo. Quale, o reverendi, la colpa ?...delitto ?"
-"Pensa."
-"Solo ?"
-"No. Comprende."
-"Ah!"
-"Parla."
-"Beh!"
-"Pinge!"
- Et a chi, pingere possit talis vir ?
- A lo Bicariu Magnu. De Christu.
- Et de chi, in pictura scandalosiamente scribere talis vir ?
- Non, scandalosiamente, monsignoriantia. Evvangellicamente, monsignoriantia.
- Et de chi, ... de chi?
- De nui, monsignorianza. De lu Putere. Magno. Nostru. Monsignorantia.
- Et pro chi, ... de chi?
- De la Chiesia.
- Dè Putenti. Se, dè Putenti. O dè Christu.
- Dè Christu? Sì, munsignorantia. Dè Poveri. Dè Derelitti. Dè Miseri. Affirma averlo lettu.
- Et duve? Ne Lo Evvangellio, monsignarantia, ne Lo Evvangellio, monsignariantia.
- Ah !
-"Allor si proceda !"
- Maschere maschere maschere, divennero.
- Un moto, uno solo, n'era signo de pensiero.
- Maschere, seguivan lettura de l'incaricato livido cerchio.
- Un livido cerchio, in cui qualcosa rotolava producendo forse suono, forse s'apriva forse si chiudeva :
-"Copia frammento primo d'Inquisitor vicario:
- Che chiedete, voi, Inquisitor Vicario?
- "Ferro...lama...o Fuoco ! O ferro e candele arrovesciate usorno sulamente accontro Friderigo de l'imperio augusto ?” - "Questo è peggio!"
- Continuate! Leggete!
(...)
-"Ha termine, monsignorianza, lettura copia prima d'ordine vestro fragmenta de lo Inquisitor Vicario - piu' voci, inferocite: sedicente!...sedicente coloristico de le Sperantie altrui!...- eretico pictor de Arhimann sostituto proprio! - debbo, o monsignor continuare ?"
-Tutti gli sguardi in uno: dritti in punto unico, e, questo udito, sbarrarsi, tappandosi, la luce ch'entrava ne le dure orecchie loro all'ascolto:
- No. M'avete convinto. Hora. Solo hora abbiamo...capito! - "No. Nè folle. Nè pazzo. Nè, tantomeno, eretico. Ei prega. Anche per noi.
-"Ma!, se prega, come vostra signoria vuole benevolare, prega contro di noi."
-"E contro le sostanze nostre."
-"Vostre ?" -"No, non è contro le sustanzie vostre, o satolli che predicate altrui purezza dè ventri vuoti, ch'egli prega, ch'egli s'appresta tramite pictura pericolosa a pericolosissimamente agire. Prega per noi. Anche. Questo, è, il pericolo. Per questo, non per le vostre cecità intestinali, ei debb'esser solo. Chi è solo, per la milenaria putenzia nostra, non è che polvere."
-"Solamente ?"
* Scompiglio. Sguardi, urli, stridi. Arrovesciarsi.
* Chi ?!
* Chi! Chi? Chi ha osato, qui, tra noi ?!
-"Solamente ?" Ripetè, ancora, con voce cristallina.
- Tu! Qui! Osi!
- “Sì”!
- Mi sfidi, qui!, solo, da solo!
- “No. Prego. Com’ho da voi, monsignor sentito, ancho pro voi.”
- Ora sa
- Ha sentito
- Ha visto
- Non può
- No
- Non può più
- vivere
Si volse alla mano, gemmata.
Si volse agli sguardi infuocati.
Si volse agli occhi arrossati, di chi ancora tenèa d’umano.
Attese.
Attesero.
Una parola sillaba motto suono.
L’unico, sordo, quello grave del Silentium.
Infin gli sguardi a lui.
A la sentenzia.
Che dovèa.
Che non potèa.
Pur dovette fare.
Sguardo. Uno sguardo. Stanco, pesante, antico.
Infin le parole.
Che rotolaron.
Come quella bella chioma, ormai per sempre arrossata.
"Figlio ...!
Figlio del tempo...!
...della notte della terra della luna e del sole...!
...Figlio della storia, ...la nostra !
Che assurda ingenuità.
La tua.
Tali parole, unitamente al del Pescator sigillo, ornarono, a forma di croce, dopo non molto, una nuda ma ben degna lastra sul pavimento.
No. Non l’havea dimenticato.
N’havea d’ordine suo sommo fatto rammemorar in mille preci in mille chiese il secreto suo d’un pentimento.
N’havea fatte raccoglier’l’ossei rimasugli.
Allora buttati nei letamanti piscopati.
Stavan’hora in dignitosa guisa almen e posa conci.
Ma mai havea dimenticato.
Mai, di quello sconcio alla Natura, perdonato.
Specie hora, al Sommo apostolato assurto.
Lentamente con vecchio passo s’avviò alle Vaticane Grotte.
Lì, fra color che furon prima, ove confidar potèa, s’agginocchiò.
E nel Silenzio immane di quel luogo
Così ad alta voce reiterò
"Figlio ...! mio!
Figlio del tempo...! mio amtico!
...della notte, ch’assieme a lei mi vide !
…della terra, che nella luna ci avvolse!
e del sole... che al mattino stretti ci scaldò!
Figlio della storia, ...la nostra ! quella mia, intima e vera.”
Così lo trovaron, all’indomani. Ginocchioni.
Sembrava dormisse.
Sembrava morisse.
Era solo andato. E per sempre.
A potergli dire “Habbi per me perdono!” ma per sempre.
(Testo di GP)
(Testo di GP)
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