venerdì 29 luglio 2011

Genova-Pegli. Granello. Nicolosio Granello. Villa Centurione-Doria. Affreschi.

Genova Pegli. Villa Centurione-Doria. Nicolosio Granello e aiuti. Affreschi. 
Foto di Giovanni Pititto


GRANELLO, Nicolosio, detto il Figonetto
Non si conosce la data di nascita di questo pittore attivo a Genova tra la fine del quinto decennio e l'alba degli anni Cinquanta del XVI secolo.Secondo Raffaele Soprani, suo primo biografo, il G. proveniva da un paese situato nelle vicinanze di Pieve di Teco (Riviera di Ponente). (Cfr. sotto, in questa pagina: scheda di approfondimento).

GRANELLO, Nicola
Figlio del pittore Nicolosio e di Margherita, nacque a Genova intorno alla metà del XVI secolo.La data di nascita dell'artista si deduce dal fatto che nell'aprile del 1571 fu nominato a Madrid da Filippo II d'Asburgo pittore di corte e, a tale data, egli doveva aver raggiunto quindi come minimo la maggiore età (Zarco). (Cfr. sotto, in questa pagina: scheda di approfondimento).  




02. Genova - Pegli, Piazza Bonavino: Villa Centurione - Doria. Veduta frontale corpo centrale.




03. Genova - Pegli, Piazza Bonavino: Villa Centurione - Doria. Nicolosio Granello, Giasone e gli Argonauti (part.) -  Salone, riquadro centrale.



 
04. Genova - Pegli, Piazza Bonavino: Villa Centurione - Doria. Affreschi Salone centrale. Lunette e Fregio. 

Granello Nicolosio Detto Il Figonetto
GRANELLO, Nicolosio, detto il Figonetto
Dizionario Biografico degli Italiani
di G. Zanelli
GRANELLO, Nicolosio, detto il Figonetto.
- Non si conosce la data di nascita di questo pittore attivo a Genova tra la fine del quinto decennio e l'alba degli anni Cinquanta del XVI secolo.
Secondo Raffaele Soprani, suo primo biografo, il G. proveniva da un paese situato nelle vicinanze di Pieve di Teco (Riviera di Ponente). La data di nascita dell'artista, non riportata dall'erudito genovese, deve essere collocata, come proposto nei contributi più recenti, verosimilmente intorno alla metà degli anni Venti del Cinquecento; ciò si deduce dal fatto che il figlio Nicola, nato dall'unione con Margherita, nel 1571 fu nominato da Filippo II pittore di corte e pertanto, a quella data, doveva essere quantomeno maggiorenne (Boccardo, 1989, p. 130 n. 46).
Soprani riporta la notizia dell'ingresso del G. nella bottega del pittore Ottavio Semino, nato a Genova intorno al 1527 e morto a Milano nel 1604. La critica più recente (Caraceni Poleggi, 1987, pp. 289 s.; Boccardo, 1989, p. 123; Parma, 1999, p. 396) ha tuttavia ritenuto più attendibile l'ipotesi di un primo apprendistato del G. a fianco del padre di Ottavio, Antonio Semino, morto nel 1555.
Tale artista occupava del resto un ruolo di spicco nell'ambiente culturale genovese di pieno Cinquecento, essendo per di più a capo di un nutrito gruppo di giovani pittori specializzati soprattutto nella decorazione ad affresco, alcuni dei quali divennero nell'arco di poco tempo tra le personalità più apprezzate dall'aristocrazia locale.
Probabilmente proprio grazie al rapporto instaurato con la rinomata bottega di Antonio, il G. ottenne la commissione di affrescare alcune sale della villa che Adamo Centurione, importante banchiere di Carlo V e stretto alleato di Andrea Doria, stava edificando nel corso del quinto decennio del XVI secolo nel sobborgo genovese di Pegli. Questa decorazione costituisce, sia dal punto di vista delle scelte iconografiche sia per quanto riguarda il linguaggio pittorico, contraddistinto da una preponderante matrice romana, una puntuale derivazione - e ideale "continuazione" - degli affreschi realizzati da Pietro Buonaccorsi (Perin del Vaga), tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo, nel palazzo di Andrea Doria a Fassolo.
I forti legami esistenti tra l'ammiraglio e Centurione, dal 1537 resi ancor più saldi grazie al matrimonio della figlia di quest'ultimo, Ginetta, con Giannettino Doria, nipote di Andrea e suo erede, si manifestarono anche tramite analoghe scelte in ambito artistico, con l'utilizzo da parte del banchiere genovese di artisti locali profondamente influenzati dalla produzione di Perin del Vaga e dai coevi esiti della cultura pittorica dell'Italia centrale. Ritornano, infatti, con continuità nelle varie raffigurazioni disseminate nelle sale della villa i ricercati e aulici temi mitologici desunti dalla decorazione perinesca del palazzo Doria, che funse da imprescindibile modello "politico-culturale" per Centurione.
L'intervento del G. all'interno della villa di Pegli è verosimilmente collocabile a cavallo tra gli anni Quaranta e Cinquanta: iniziato forse a partire dal 1549, anno in cui ad Adamo Centurione venne conferito il titolo di marchese di Estepa e Pedrera, fu con probabilità concluso prima dell'avvio, nel 1552, dei lavori nella sua cappella in S. Maria degli Angeli a Promontorio; nell'ultimo decennio del Cinquecento la decorazione fu ampliata con altre scene, raffiguranti sempre soggetti mitologici, eseguite da Lazzaro Tavarone per volere di Giovanni Andrea Doria, figlio di Ginetta, divenuto nel frattempo proprietario dell'edificio.
Incline, volta a volta, ad ampliare o ridimensionare la partecipazione del G. nella decorazione delle sale della villa Centurione (attuale Museo navale e liceo G. Mazzini), la critica ha espresso pareri spesso divergenti sull'attribuzione di alcuni dei brani eseguiti in occasione del primo cantiere, specialmente quelli negli spazi del piano terreno. Alcuni di questi sono stati ipoteticamente accostati da E. Parma (pp. 304 s.) proprio alla sfuggente figura del G., coadiuvato in questa occasione da alcuni aiuti: secondo la studiosa sono in particolare da riferire al G. le grottesche e gli Episodi dell'Orlando furioso, presenti sulla volta dell'atrio, e l'affresco del salone raffigurante LaSibilla che mostra ad Augusto la Madonna (già attribuiti rispettivamente alla produzione della bottega di Giovanni Battista Castello il Bergamasco e al giovane Luca Cambiaso: Pessa Montagni, pp. 14, 17 s.), e ancora i riquadri con Marco Curzio che si getta nella voragine e la Carità romana, affiancati da divinità marine e fluviali e fregi con grottesche. Sicuramente ascrivibile alla mano del G. è l'affresco che orna la loggia a ovest del piano nobile raffigurante l'episodio di Perseo che libera Andromeda, oggi solo parzialmente leggibile, arricchito lungo i bordi del soffitto, nei peducci e nelle lunette, da raffinate grottesche dipinte su un fondo chiaro. Sullo stesso piano sono sempre di mano del G. gli affreschi nel soffitto del salone principale: il grande riquadro raffigurante Giasone che prende commiato da Pelia e quattordici Divinità mitologiche disposte lungo i quattro lati, mentre in ognuna delle diciotto lunette sono inseriti altrettanti Putti con armi e nei celetti Teste di Venti che emergono tra candide nuvole rigonfie. Ancora opera del G. sono tutte le rappresentazioni presenti sulla volta del vicino andito verso il giardino, con l'Allegoria della Musica, Marte, Venere e Amore circondati da grottesche, mentre nella lunetta è dipinto, all'interno di una cornice rettangolare, un Ritratto di Andrea Doria, colto di profilo e in piedi, stagliato su una superficie verde uniforme. Dietro questo elemento si sviluppa un profondo paesaggio costiero nel quale si svolge una battaglia navale, probabile "commemorazione" di una delle tante imprese che videro protagonista l'ormai anziano ammiraglio genovese. Sempre a E. Parma (p. 309) si deve infine l'attendibile proposta di inserire tra le scarse opere del G. anche la volta di una delle sale dell'ala est della villa, ornata al centro da una grande raffigurazione con il Suicidio di Didone e intorno da quattro riquadri che racchiudono due figure allegoriche (ipoteticamente identificate dalla studiosa con Giunone e un Fiume) e due scene con Amore in riposo presso una fonte e il Riposo di Venere e Cupido. Il ciclo appare interessato in alcune parti sia da ridipinture ottocentesche sia da più antichi ritocchi, questi ultimi realizzati con probabilità alla fine del Cinquecento in occasione della seconda fase decorativa degli interni della villa e individuabili particolarmente in corrispondenza dei magniloquenti personaggi mitologici, le cui nudità furono in più casi occultate verosimilmente da Lazzaro Tavarone con l'aggiunta di ampi panneggi percorsi da riflessi cangianti.
Gli affreschi eseguiti dal G. rivelano la sua non superficiale conoscenza delle novità provenienti dalla cultura pittorica romana, introdotta in Liguria principalmente in concomitanza con la sosta in città di Perin del Vaga, ma anche grazie alla vasta circolazione di incisioni, in particolare tratte dalle scene che ricoprivano la volta della cappella Sistina. Proprio dalle opere michelangiolesche e dalla decorazione degli appartamenti Farnese in Castel Sant'Angelo, realizzati nel corso degli anni Quaranta del Cinquecento da Perin del Vaga e dai suoi numerosi collaboratori, paiono infatti desunti vari particolari compositivi, certe posture monumentali, una simile resa plastica dei corpi e un'analoga raffinata tavolozza cromatica; si riscontrano poi numerosi puntuali rimandi a determinati particolari della decorazione della sala Paolina, più specificatamente a certi brani dipinti da Pellegrino Tibaldi. Boccardo (1989, p. 124) pone inoltre in evidenza i legami, sia tematici sia "strutturali", esistenti tra l'episodio con Giasone davanti a Pelia e la stessa scena, oggi perduta, affrescata da Giovanni Antonio de' Sacchis, detto il Pordenone, sulla facciata meridionale della dimora di Andrea Doria a Fassolo, documentata unicamente da un disegno attribuito alla sua bottega (Berlino, Staatliche Museen).
Se, attraverso lo studio delle opere di Perino e del Pordenone, il G. ebbe l'opportunità di accostarsi a nuovi esiti pittorici, forse solo in seguito a un suo diretto contatto con i grandi cantieri aperti a Roma negli anni Quaranta del Cinquecento, in particolare proprio la decorazione degli appartamenti Farnese in Castel Sant'Angelo, si possono spiegare certi intensi rimandi che sembrano spesso colti e rielaborati senza la mediazione di un'altra personalità. Non si può quindi assolutamente escludere, come avanzato anche da Causa (p. 167), un possibile soggiorno del pittore a Roma, collocabile forse intorno alla metà del quinto decennio, quasi a ridosso dell'avvio del cantiere di Pegli. Ipoteticamente potrebbe essere in occasione di questo viaggio che il G. ebbe peraltro modo di conoscere Giovan Battista Castello il Bergamasco, anch'egli presente a Roma in quel lasso di tempo come protetto del nobile genovese Tobia Pallavicino.
Forse fu proprio grazie a questo comune momento formativo che si possono spiegare le tangenze, già riscontrate da vari studiosi, esistenti tra il ciclo eseguito dal G. per la villa di Pegli, in particolare l'episodio con l'incontro tra Giasone e Pelia, e alcune opere del Bergamasco, come l'affresco raffigurante l'Assegnazione delle armi di Achille, già nella villa Lanzi a Gorlago (ora Bergamo, palazzo della Prefettura), terminato dall'artista nei primi anni Cinquanta del XVI secolo. A testimoniare l'esistenza di un probabile legame tra i due pittori (Boccardo, 1989, p. 131 n. 58) è il fatto che il Bergamasco sposò in seconde nozze la moglie del G. e che sicuramente ricoprì il ruolo di maestro nei confronti del figliastro Nicola.
Alle esigue testimonianze pittoriche riferibili al G. sono stati aggiunti negli ultimi anni alcuni disegni, uno dei quali messo in relazione con gli affreschi nella villa di Pegli; Causa, in particolare, ha accostato al riquadro con Giasone davanti a Pelia un foglio (Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, inv. 1134), in precedenza inserito nel corpus grafico di Francesco Salviati, raffigurante nel recto la parte centrale della scena mitologica, qui ambientata in un paesaggio disseminato di alberi e rovine classiche che nella versione pittorica sarà sostituito dal brano con la costruzione della nave. Il disegno, considerato un primo progetto per la suddetta scena, presenta nel verso vari studi raffiguranti una Madonna con Bambino,s. Giovannino e due sante (esemplata su un modello di ambito raffaellesco), un Paesaggio con rovine e uomini a cavallo, uno schizzo con Ercole che strozza il leone nemeo, ripreso dall'affresco di Baldassarre Peruzzi eseguito nella loggia di Galatea della Farnesina a Roma, e ancora due rilievi dell'arco di Costantino con la Presentazione di un capo barbaro a Marco Aurelio e i Prigionieri che vengono condotti davanti all'imperatore. Proprio la presenza di queste ultime composizioni, verosimilmente studiate sul posto, può costituire una delle prove tangibili per avvalorare la proposta di un soggiorno romano del Granello. L'articolato gruppo composto dalla Madonna e il Bambino circondati dalle tre figure di Santi potrebbe costituire poi una prima debole testimonianza della sua per ora ignota produzione di pale d'altare o dipinti da cavalletto, con probabilità da ricercare tra le numerose opere genericamente ascritte al Cambiaso o alla sua cerchia.
Nel corpus grafico del G. sono stati inseriti inoltre da M. Newcome (1985) due fogli (inv. 9314 e 9440) raffiguranti rispettivamente Galatea con putti e una Cerimonia nuziale (Louvre, Cabinet des dessins), opere che evidenziano però una sostanziale difformità stilistica rispetto al disegno fiorentino; Causa ha ipoteticamente accostato al G. anche una Madonna col Bambino, s. Elisabetta e una santa (Oxford, Ashmolean Museum).
Non si conosce la data di morte del pittore, collocabile all'incirca all'inizio del sesto decennio del Cinquecento, probabilmente prima del compimento del venticinquesimo anno di età.
Il G. non appare infatti tra i maestri elencati in quel momento nella matricola dell'arte genovese, all'interno della quale si veniva inseriti solo dopo aver compiuto i venticinque anni; egli del resto non risulta neppure partecipare all'équipe di maestri genovesi - composta da Luca Cambiaso, Andrea e Ottavio Semino - voluta da Adamo Centurione in occasione della decorazione, a partire dal 1552, della propria cappella in S. Maria degli Angeli.

Fonti e Bibl.:
  • R. Soprani, Le vite de' pittori, scultori, ed architetti genovesi…, Genova 1674, pp. 30 s.;
  • A. Orlandi, Abcedario pittorico, Firenze 1731, p. 341;
  • R. Soprani - C.G. Ratti, Vite de' pittori, scultori, ed architetti genovesi… rivedute, accresciute ed arricchite…, I, Genova 1768, pp. 73 s.;
  • L. Lanzi, Storia pittorica della Italia…, V, Bassano 1809, p. 304;
  • A. Merli - L.T. Belgrano, Palazzo del principe D'Oria a Fassolo in Genova, in Atti della Società ligure di storia patria, VIII (1874), pp. 75 s.;
  • C. Marcenaro, Uno sconosciuto ritratto di Andrea Doria nel palazzo Bianco di Genova, in Emporium, CVI (1949), 7, p. 247;
  • L. Grossi Bianchi, Villa Doria, in Catalogo delle ville genovesi, Genova 1967, p. 265;
  • F. Caraceni Poleggi, La committenza borghese e il manierismo a Genova, in La pittura a Genova e in Liguria dagli inizi al Cinquecento, Genova 1970, pp. 289 s., 313 s.;
  • L. Secchi, Pegli. Museo navale di villa Doria, Genova 1977, pp. 6, 10;
  • P. Boccardo, L'esordio della facciata dipinta nelle ville genovesi del Cinquecento: rapporti tra committenza e iconografie, in Facciate dipinte: conservazione e restauro. Atti… Genova…, 1982, a cura di G. Rotondi Terminiello - F. Simonetti, Genova 1984, pp. 242, 244;
  • Id., L'episodio genovese del Pordenone all'interno di una nuova proposta cronologica per la decorazione di palazzo Doria, in Il Pordenone. Atti… Pordenone… 1984, a cura di C. Furlan, Pordenone 1985, p. 167;
  • M. Newcome, Le dessin à Gênes du XVIe au XVIIIe siècle (catal.), Paris 1985, pp. 21-23, nn. 11 s.;
  • L. Pessa Montagni, Gli affreschi della villa Doria di Pegli: un unicum del Cinquecento genovese, in Paragone, XXXVII (1986), 437, pp. 3-24;
  • F. Boggero, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, Milano 1987, I, pp. 28 s.;
  • M. Bartoletti, ibid., II, p. 737;
  • F. Caraceni Poleggi, La committenza borghese e il manierismo a Genova, in La pittura a Genova e in Liguria dagli inizi al Cinquecento, Genova 1987, pp. 228, 230, 289 s.;
  • L. Magnani, Il tempio di Venere. Giardino e villa nella cultura genovese, Genova 1987, pp. 49-52;
  • P. Boccardo, Andrea Doria e le arti. Committenza e mecenatismo a Genova nel Rinascimento, Roma 1989, pp. 44, 123-125, 130 s.;
  • M. Newcome Schleier, Disegni genovesi dal XVI al XVIII secolo (catal.), Firenze 1989, p. 25 n. 4;
  • S. Causa, Rivendicazione di un G., in Napoli, l'Europa. Ricerche di storia dell'arte in onore di Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate - F. Sricchia Santoro, Catanzaro 1995, pp. 163-167;
  • L. Magnani, Luca Cambiaso da Genova all'Escorial, Genova 1995, pp. 45 s., 54, 57, 118, 253, 270;
  • E. Parma, Pittori a Genova nella seconda metà del Cinquecento, in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999, p. 69;
  • R. López Torrijos, La pittura genovese in Spagna, ibid., p. 148;
  • E. Parma, Palazzo di Tomaso Spinola (Pessagno), ibid., p. 207;
  • Id., Villa di Adam Centurione (Doria), ibid., pp. 304 s., 308 s.;
  • Id., G., N., ibid., p. 396.
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Dizionario Biografico / Nicola Granello

GRANELLO, Nicola
Dizionario Biografico degli Italiani

di G. Zanelli

GRANELLO, Nicola. - Figlio del pittore Nicolosio e di Margherita, nacque a Genova intorno alla metà del XVI secolo.
La data di nascita dell'artista si deduce dal fatto che nell'aprile del 1571 fu nominato a Madrid da Filippo II d'Asburgo pittore di corte e, a tale data, egli doveva aver raggiunto quindi come minimo la maggiore età (Zarco).
Il G. è documentato per la prima volta nel maggio del 1568, quando insieme con la madre Margherita (andata sposa in seconde nozze al pittore Giovanni Battista Castello, detto il Bergamasco), e con il fratellastro Fabrizio Castello, raggiunse il patrigno in Spagna (Gerard), dove quest'ultimo svolgeva l'importante incarico di pittore e architetto di corte, concessogli il 5 sett. 1567. A partire dall'agosto del 1569, successivamente alla morte del Bergamasco avvenuta nel giugno dello stesso anno, il G. venne inserito nel gruppo di artisti formatosi intorno alla personalità del maestro in occasione delle fabbriche promosse dalla corte spagnola, ricevendo un compenso mensile di 15 ducati (Rosso del Brenna). È plausibile pertanto ipotizzare un primo apprendistato del G. nella rinomata bottega genovese del Bergamasco, probabilmente all'inizio degli anni Sessanta del Cinquecento.
Se i primi interventi furono realizzati dal G. verosimilmente proprio nell'ambito dei cicli pittorici commissionati dall'aristocrazia genovese al Bergamasco intorno alla metà del settimo decennio del Cinquecento, è in seguito al successivo trasferimento a Madrid che il pittore acquisì, inizialmente sempre sotto la direzione del Bergamasco, una piena padronanza delle proprie capacità di frescante. Egli riuscì infatti a conquistare, nonostante la giovane età e il vasto numero di maestranze riunite intorno alla corte madrilena, un ruolo tutt'altro che secondario nell'ambito dei vari cantieri avviati per volere di Filippo II e, in particolare, nella complessa decorazione di numerosi ambienti del monastero reale di S. Lorenzo all'Escorial, presso Madrid, prevalentemente affidata alla consolidata squadra di artisti che, guidati dal Bergamasco, avevano partecipato in precedenza all'esecuzione di vari cicli d'affreschi all'interno di numerose residenze reali.
Grazie proprio al favore riscosso presso i nobili spagnoli da questo gruppo di artisti italiani capeggiato dal pittore Romolo Cincinnato e composto, tra gli altri, oltre che dal G. e dal fratellastro Fabrizio, dai pittori Francesco e Gian Maria da Urbino, dal doratore Francesco de Viana e dallo stuccatore Pietro Milanese, il G. ebbe modo di emergere come il più dotato continuatore del ricercato lessico del Bergamasco. Si tratta di un linguaggio profondamente improntato a modelli culturali di matrice romana che permise all'artista di ottenere una piena e duratura fiducia da parte del re e, di conseguenza, un notevole numero di commissioni legate in particolare proprio al continuo ampliamento del complesso dell'Escorial.
Nominato nel 1571 pittore di corte da Filippo II, il G. venne incaricato di mantenere il fratellastro Fabrizio, dovere compiuto sino al 1577, anno in cui il suo salario mensile aumentò a 20 ducati (Cuevas Zarco). Risalgono proprio ai primi anni Settanta alcuni lavori, oggi perduti, realizzati dal G. insieme con Francesco da Urbino e gli altri pittori usciti dalla bottega del Bergamasco, nella casa del Bosque di Segovia, nell'Alcázar di Madrid e al Pardo. A partire dal 1581 il G. fu assiduamente impegnato ad affrescare alcuni ambienti dell'Escorial, sempre con le stesse maestranze; in quello stesso anno, unitamente a Francesco da Urbino, esecutore dei riquadri principali, realizzò alcune parti secondarie degli affreschi visibili nella volta della cella bassa del priore e raffiguranti alcuni episodi biblici e grottesche; il ciclo fu terminato dal solo G. nel 1589 con l'intervento di Romolo Cincinnato.
In questi anni il G. svolse anche il compito di intermediario per l'acquisto di opere fatte giungere dall'Italia; nel 1581 venne pagato dalla Corona spagnola per un dipinto raffigurante il Martirio di s. Lorenzo di Luca Cambiaso, mentre due anni dopo percepì un compenso relativo a due tele realizzate rispettivamente dal Tintoretto (Iacopo Robusti) e dal Veronese (Paolo Caliari).
Nel luglio del 1582, sempre in coppia con Francesco da Urbino, gli fu commissionata da Filippo II anche la decorazione della volta del coro della chiesa di S. Lorenzo all'interno del monastero. Nel dicembre dello stesso anno, alla morte di Francesco da Urbino, il G. assunse la direzione del cantiere.
Il cantiere fu avviato, con l'aiuto di Fabrizio Castello e Francesco de Viana, all'inizio del 1583, quando le superfici murarie vennero intonacate e imbiancate, e portato avanti dalla stessa équipe con continuità, come documentano i pagamenti al G. nel corso di questo stesso anno; si ignora tuttavia quali fossero le pitture poste a decorare questo ambiente poiché, già nel giugno del 1584, Luca Cambiaso risulta intento a rifarle completamente.
A partire dal settembre del 1583 il G. iniziò a decorare anche l'atrio della sacrestia; tale lavoro gli fu liquidato, insieme con i dipinti della volta del coro della chiesa, nel maggio dell'anno successivo.
Al centro del soffitto il G. dipinse una grande figura angelica colta in volo mentre regge un versatoio e un panno, chiaro riferimento al rito dell'abluzione, volto a creare, come spesso accade anche in altri vani del monastero, un legame diretto tra la decorazione pittorica e la funzione liturgica cui era adibito lo spazio. Intorno a questo personaggio si sviluppano una finta balaustra e un raffinato insieme di fasce percorse da elementi ornamentali; sopra le porte sono dipinti tre personaggi allegorici e, negli angoli, coppie di eroi ed eroine biblici con candelabri, mentre sulla parete orientale e su quella occidentale sono disposti, rispettivamente, due soldati e due pastori, in entrambi i casi accompagnati da eroine. Per il riquadro con la figura angelica, concordemente riferito alla mano del G., M. Newcome (1993, p. 27) ha individuato presso il Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi un disegno preparatorio (inv. 13650 F).
Preponderanti risultano in questa zona gli interventi dei vari collaboratori del G., attivi ininterrottamente anche nella decorazione del soffitto della sacrestia i cui affreschi furono condotti a termine, con ogni probabilità, sempre nel 1584. Anche sul soffitto di questo ambiente venne riproposto il medesimo complesso repertorio decorativo utilizzato nell'antisacrestia; mentre il riquadro centrale fu sostituito da medaglioni ottagonali che racchiudono ancora delle solenni figure allegoriche.
Dopo l'arrivo all'Escorial, nell'ottobre del 1583, di Luca Cambiaso insieme con il figlio Orazio, Lazzaro Tavarone e lo scultore Gaspare Forlani, il G. e il fratellastro si unirono a questo nuovo gruppo di artisti. Nel dicembre dell'anno successivo, mentre Cambiaso era impegnato nell'esecuzione dei nuovi affreschi dell'abside e del coro della chiesa del monastero, Filippo II commissionò a questa consolidata équipe di pittori genovesi, capeggiata dal G., la direzione del vasto cantiere del soffitto della galleria dell'appartamento della regina; il lavoro fu terminato nel mese di luglio quando venne periziato da Romolo Cincinnato e da Diego da Urbino.
Sulla volta dell'ambiente si sviluppa un equilibrato gioco di grottesche armoniosamente disposte su una compatta superficie bianca suddivisa da un asse centrale, sulla quale si alternano elementi geometrici che racchiudono piccole figure allegoriche; i pennacchi sono marcati da fasce monocrome che ne sottolineano la struttura, alla stessa maniera delle lunette, nelle quali sono inseriti fantasiosi particolari "all'antica" con motivi fitomorfi, mentre numerosi personaggi mitologici, ciascuno disposto all'interno di un piccolo tempio, sono visibili all'apice dei pennacchi.
Nel settembre 1585 le stesse maestranze ornarono poi la volta delle due sale capitolari, quella vicariale e quella priorale, e il soffitto dell'atrio; in entrambi i casi i pittori utilizzarono il peculiare repertorio di elementi decorativi di derivazione romana, nelle sale maggiori alternati a riquadri con angeli o figure allegoriche, il tutto eseguito su una superficie suddivisa da fasce che evidenziano la struttura architettonica del vano. Questi lavori, documentati da vari pagamenti, l'ultimo dei quali datato 13 sett. 1586, furono stimati in questo stesso anno da Hernando de Ávila e Diego da Urbino.
L'anno seguente il G., Orazio Cambiaso, Fabrizio Castello e Lazzaro Tavarone ritornarono a operare nella galleria della regina, affrescando insieme in sequenza alcuni momenti della Battaglia della Higueruela, raffigurazione che, imitando un arazzo, doveva essere esemplata su una tela a monocromo quattrocentesca proveniente dall'Alcázar di Segovia e restaurata dal Bergamasco nel 1582; l'ultimo pagamento per questo cantiere risale al 23 sett. 1589. Dal 1590 lo stesso gruppo, orfano di Orazio Cambiaso rientrato nel frattempo a Genova, fu impegnato a dipingere, sempre nel medesimo ambiente, una serie di finti arazzi raffiguranti alcune battaglie combattute da Filippo II contro la Francia, utilizzando alcuni prototipi su tela forniti dal pittore Rodrigo de Holanda, cinque dei quali tutt'oggi conservati all'Escorial.
Il G. affrescò gli episodi della Cattura di Strozzi, dello Sbarco nell'isola Tercera e l'Accampamento sopra Dourlens, che insieme con altre scene eseguite dai compagni e raffiguranti alcuni avvenimenti della Battaglia di San Quintino, la Presa di Châtelet, la Presa di Ham e la Battaglia di Gravelingues, dovevano costituire, secondo precisi dettami stabiliti in un contratto stipulato il 7 febbr. 1591, un omogeneo manifesto politico della potenza del sovrano.
In concomitanza con questo cantiere l'artista, sempre con il fratellastro, Lazzaro Tavarone e Francesco de Viana, operò nella biblioteca conventuale, commissione per la quale il G. e Viana furono pagati il 1° ag. 1590. La tipica fantasiosa decorazione a grottesche, ideata dal gruppo di artisti genovesi e ampiamente utilizzata negli spazi ornati precedentemente, in quest'ambiente doveva integrarsi in particolare con i brani affrescati nello stesso periodo dal bolognese Pellegrino Tebaldi, al quale era stato affidato il compito di realizzare alcune scene con figure.
In concomitanza con la partenza di Lazzaro Tavarone, ritornato nel marzo del 1592 a operare in Liguria, e la contemporanea diminuzione dei lavori nel grande centro religioso, dove sporadicamente sarebbe tornato comunque a operare nel corso dei mesi seguenti, il G. realizzò alcuni affreschi nell'Alcázar di Madrid (López Torrijos, p. 156).
Newcome (1993, pp. 26, 40) ha attribuito al G. in via ipotetica un disegno raffigurante La costruzione dell'Escorial nel 1576 (Hatfield House, Marquess of Salisbury), opera già accostata alla produzione di Fabrizio Castello. I caratteri stilistici che contraddistinguono il foglio, delineato utilizzando un sottile tratto tanto meticoloso quanto privo di ricercatezze, non permettono di evidenziare forti tangenze con l'Angelo in volo degli Uffizi, da considerare una più sicura testimonianza della sua attività grafica.
Il G. morì nel monastero dell'Escorial nel 1593 (López Torrijos).
Dei numerosi figli avuti dalla moglie spagnola solo Francesco è documentato nei primi anni del XVII secolo come pittore di retabli a Madrid e a Toledo.

Fonti e Bibl.:
  • F.M. Tassi, Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi, Bergamo 1793, pp. 160 s.;
  • J.A. Ceán Bermúdez, Diccionario histórico de los más ilustres profesores de las bellas artes en España, Madrid 1800, pp. 227-234;
  • L. Lanzi, Storia pittorica della Italia…, V, Bassano 1809, p. 304;
  • A. Rotondo, Descripción de la gran basílica del Escorial, Madrid 1861, pp. 74, 78, 258;
  • C. Pérez Pastór, Noticias y documentos relativos a la historia y literatura española, in Memorias de la Real Academia española, XI (1914), pp. 23, 64;
  • E. Cuevas Zarco, Pintores italianos en San Lorenzo El Real de El Escorial (1515-1613), Madrid 1932, pp. 29, 53-55;
  • G. Rosso del Brenna, Giovanni Battista Castello, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo, II, Bergamo 1976, p. 390;
  • V. Gerard, De castillo a palacio. El Alcázar de Madrid en el siglo XI, Madrid 1984, p. 98;
  • M. Newcome, An addendum to the Genoese drawing exhibition in the Uffizi, in Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XXXVI (1992), pp. 401 s.;
  • Id., Affreschisti genovesi nell'Escorial, in Los frescos italianos de El Escorial, a cura di M. Di Giampaolo, Madrid 1993, pp. 26 s., 40-51;
  • A. Bustamante García, La octava maravilla del mundo (Estudio histórico sobre El Escorial de Felipe II), Madrid 1994, p. 276;
  • R. Mulcahy, The decoration of the royal basilica of El Escorial, Cambridge 1994, pp. 19, 69, 72, 99, 146, 168, 199;
  • S. Causa, Rivendicazione di un G., in Napoli, l'Europa. Ricerche di storia dell'arte in onore di Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate - F. Sricchia Santoro, Catanzaro 1995, p. 164;
  • L. Magnani, Luca Cambiaso da Genova all'Escorial, Genova 1995, pp. 253, 259, 270;
  • R. López Torrijos, La pittura genovese in Spagna, in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999, pp. 147-150, 153 s., 156, 167, 169;
  • E. Parma, G., N., ibid., pp. 395 s.;
  • U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, pp. 513 s.;
  • The Dictionary of art, XIII, p. 307.
  •  
Categorie: Biografie in Arti Visive
TAG: Lazzaro tavarone Romolo cincinnato Luca cambiaso Paolo caliari El escorial San quintino Ferdinando bologna 

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Per l'intervento di Lazzaro Tavarone cfr. scheda di prossima pubblicazione.

Tavaróne, Lazzaro
Pittore (Genova 1556 - ivi 1641), allievo e collaboratore di L. Cambiaso, che seguì a Madrid (1583); nel 1585-89 lavorò all'Escorial. A Genova (dal 1594), fu frescante ricercato per le sue eleganti e vivaci decorazioni (palazzi Spinola di Pellicceria, 1614-24; Adorno, 1624; Belimbau, 1627-29; Spinola, 1628-30, ecc.).
(Note da Treccani-online)
SOMMARIO

In corso di pubblicazione in:
http://waldganger-ganzfeld-losfeld.blogspot.com/
http://parzifalpurissimo.blogspot.com/ - a cura di Giovanni Pititto
(E-mail: parzifal.purissimo@gmail.com ) 
ELENCAZIONE ALFABETICA PER AUTORE O SOGGETTO 

INDICIZZAZIONE IN CORSO
CONTRIBUTI:
(PS) ("E_n_L", a cura di, ved. 0040. κατάβασις_Orfeo ed Euridice nella Contemporaneità). Si ringrazia.
(FrVe) (Francesco Venturini, a cura di, ved. 0058. Orfeo e le Sirene. Argonauti. Il Vello d'Oro). Si ringrazia.
(LeV) (Giorgio Leva, ved. Fotografie Genova e Genova-Pegli). Si ringrazia.
(SoBi) ("S_B", ved. contributi testuali a: 0007. Lackmé ). Si ringrazia.





Progetto LOSFELD:
Nello sfondo, sulla sponda di un Mare nero, riconosco me stesso, una figurina minuscola che pare disegnata col gesso. Questo è il mio posto d'avanguardia, sull'Estremo Limite del Nulla: sull'orlo di quell'Abisso combatto la mia battaglia. (Ernst Jünger)
Ad una Naumachìa di barchette dorate affidiamo Ricordi.
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