lunedì 28 marzo 2011

κατάβασις. Orfeo ed Euridice. 010. - Fonti.



κατάβασις

A Ω




Gustav Mahler, Ich bin der Welt abhanden gekommen; nell'interpretazione di Magdalena Kožená. Dirigient: Claudio Abbado.
http://www.youtube.com/watch?v=11mfvRIKgUA&feature=related





Gustave Moreau, Orphée, (1865), Paris, Musée d'Orsay. (1)
(Euridice col capo di Orfeo - Particolare testa di Orfeo) (2)



Orphée [Orfeo]
Nella mitologia greca, il genio poetico e musicale di Orfeo era tale da ammansire perfino le belve feroci.
Il giovane ebbe però la sfortuna di conquistare anche le Menadi che, dopo la morte di Euridice lo punirono tagliandolo a pezzi perché egli non aveva ceduto alle loro profferte.
Gustave Moreau prolunga il mito restituendoci l'immagine di una giovinetta adorna di monili orientali con in mano la testa del poeta.
Questa vergine saggia vuole forse far dimenticare la dissennatezza delle baccanti?
(...)
All'orrore del supplizio evocato, segue questa scena serena, che sfugge misteriosamente alla morbosità, immersa in una luce crepuscolare, su uno sfondo di paesaggi fantastici e leonardeschi.
(...)
In Orfeo, si presagisce l'emergere di un universo semifantastico dalle inquietanti atmosfere, carico di oscuri incantesimi.



APPARATI
I

Angelo Poliziano (4)
Fabula di Orfeo
(1480)
ANGELO POLIZIANO A MESSER CARLO CANALE SUO SALUTE.

Solevano i Lacedemonii, umanissimo messer Carlo mio, quando alcuno loro figliuolo nasceva o di qualche membro impedito o delle forze debile, quello esponere subitamente, né permettere che in vita fussi riservato, giudicando tale stirpa indegna di Lacedemonia.
Così desideravo ancora io che la fabula di Orfeo, la quale a requisizione del nostro reverendissimo Cardinale Mantuano, in tempo di dua giorni, intra continui tumulti, in stilo vulgare perché dagli spectatori meglio fusse intesa avevo composta, fussi di subito, non altrimenti che esso Orfeo, lacerata: cognoscendo questa mia figliuola essere qualità da far più tosto al suo padre vergogna che onore, e più tosto apta dargli maninconia che allegrezza.
Ma vedendo che e voi e alcuni altri troppo di me amanti, contro alla mia volontà in vita la ritenete, conviene ancora a me avere più rispetto allo amor paterno e alla voluntà vostra che al mio ragionevole instituto.
Avete però una giusta escusazione della voluntà vostra, perché essendo così nata sotto lo auspizio di sì clemente Signore, merita essere exempta da la comun legge.
Viva adunque, poi che a voi così piace; ma bene vi protesto che tale pietà è una espressa crudelità, e di questo mio iudizio desidero ne sia questa epistola testimonio.
E voi che sapete la necessità della mia obedienza e l'angustia del tempo, vi priego che con la vostra autorità resistiate a qualunche volessi la imperfezione di tale figliuola al padre attribuire.
VALE.




FABULA DI ORFEO


MERCURIO annunziatore delle feste


Silenzio.
Udite.
E' fu già un pastore / figliuol d'Apollo, chiamato Aristeo. /
Costui amò con sì sfrenato ardore / Euridice, che moglie fu di Orfeo, / che seguendola un giorno per amore / fu cagion del suo caso acerbo e reo: / perché, fuggendo lei vicina all'acque, / una biscia la punse; e morta giacque./
Orfeo cantando all'Inferno la tolse, / ma non poté servar la legge data, / ché 'l poverel tra via dietro si volse / sì che di nuovo ella gli fu rubata: / però ma' più amar donna non volse, / e dalle donne gli fu morte data./


Séguita un pastore schiavone: /
State tenta, bragata! Bono argurio, / ché di cievol in terra vien Marcurio./




4
MOPSO pastor vecchio: /
Hai tu veduto un mio vitelin bianco,/ ch'ha una macchia nera in sulla fronte/ e duo piè rossi et un ginocchio e 'l fianco? /


ARISTEO pastor giovane: /
Caro mio Mopso, a piè di questo fonte / non son venuti questa mane armenti, / ma senti' ben mugghiar là drieto al monte./


Va', Tirsi, e guarda un poco se tu 'l senti./


Tu, Mopso, intanto ti starai qui meco, / ch'i' vo' ch'ascolti alquanto i mie' lamenti./


Ier vidi sotto quello ombroso speco/ una ninfa più bella che Dïana, / ch'un giovane amatore avea seco./


Com'io vidi sua vista più che umana, / subito mi si scosse il cor nel pecto / e mie mente d'amor divenne insana: / tal ch'io non sento, Mopso, più dilecto / ma sempre piango, e 'l cibo non mi piace, / e senza mai dormir son stato in letto./

APPARATI III

FONTI EPIGRAFICHE E LETTERARIE
Ovidio, Metamorfosi (X, 41-63).

Poliziano, Stanze – Fabula di Orfeo, a cura di S. Carrai, Milano, Mursia, 1988 (GUM).
Poliziano, Rime, in Poesie di Angelo Poliziano, a cura di F. Bausi, Torino, Utet, 2006, pp. 279-440.
Critica:
G. Ghinassi, Il volgare letterario nel Quattrocento e le «Stanze» del Poliziano, Firenze, Le Monnier, 1957.
V. Branca, Poliziano e l’umanesimo della parola, Torino, Einaudi, 1983.





NOTE
Titres: Orphée
Dates: en 1865
Description: huile sur bois
Désignation: tableau
Matériaux et techniques: bois , peinture à l'huile , peinture,
H. 1.54 ; L. 0.995 m.
Inscriptions: S.D.b.g. : 1865. Gustave Moreau
Lieu de conservation: musée d'Orsay, Paris, France
Numéro(s) d'inventaire: RF 104
Note da: http://www.musee-orsay.fr/it/collezioni/opere-commentate/pittura/commentaire_id/orfeo-3553.html?tx_commentaire_pi1%5BpidLi%5D=509&tx_commentaire_pi1%5Bfrom%5D=841&cHash=cfe46b621f 
(2) Euridice col capo di Orfeo:
 (1313 x 2069)

(3) Poliziano, Rime, in Poesie di Angelo Poliziano, a cura di F. Bausi, Torino, Utet, 2006, pp. 279-440.

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