sabato 16 febbraio 2013

Aνάβασις. Euridyke. Grande Signora lì nel Silenzio regnava Sovrana. (2)

Aνάβασις
EURIDYKE



Grande Signora lì nel Silenzio regnava Sovrana.
Miravamo Grandezze.
Gesti movimenti anche solo fiato tutto gelato.
"Dialogavo con Ombre".
Fu solo tuo Suono.

Ma di quanto d'Ananke concesso
null'altro potevo.





Battiato, Concerto in Vaticano. 
Un'Oceano di Silenzio. 







venerdì 15 febbraio 2013

Aνάβασις. Euridyke. Grande Signora lì nel Silenzio regnava Sovrana (1)

Aνάβασις
EURIDYKE
Moreau, Orpheus, Paris, Musée d'Orsay
(Eurydice, part.)

"Tu che vai con passi taciti nella Notte

(...)

Il tuo corpo è un Giacinto

(...)

ultimo oro di Stelle cadute". (*)



Malika Ayane, Niente
(Su Youtube a cura di malikaayane - pubblicato il 13/feb/2013. - si ringrazia)




Euridice

E già tornava, superato e vinto
Ogni periglio, per le cieche vie       725
Orfeo di nuovo a rivedere il giorno,
E la renduta Euridice non vista
Dietro, e cheta il seguia, chè questa legge
Proserpina intimò, quando improvvisa
Insana voglia trasportò, sedusse       730
L’incauto amante, ahi! di perdon ben degno,
Se ignoto a l’ombre il perdonar non fosse.


Ei colà giunto, ove la dubbia luce
Già cominciava a penetrar del giorno,
Da l’amor vinto e dal desio fermossi,       735
E del divieto immemore si volse
La sposa a riguardar. Tutto in quel punto
De l’opra il frutto egli perdè; di Pluto
Fur sciolti i patti, e un triplice fragore
Dal conscio Averno rimbombar s’intese.       740

Ed ella allora: ahi! chi me, disse, Orfeo
E te perde ad un tempo? Onde mai tanto
Sconsigliato furor? Ecco di nuovo
Me chiama il Fato, e le natanti luci
Aggrava, e chiude in un ferreo sonno. Addio       745
Per sempre omai; già in tenebrosa notte
Sento rapirmi, e languide e cadenti
Stendo a te in vano, ahi! non più tua, le braccia.

Disse e repente agli occhi suoi, qual fumo
Disperso in aria, dileguossi, e lui       750
Che disperato brancolando intorno
L’ombre stringea, chiamandola per nome,
Non vide più, nè su l’opposta riva
Caronte a lui di ripassar permise.

Or che far più? Dove n’andrà, perduta       755
Già due volte la sposa? E con qual pianto
Placar l’ombre di nuovo, o con quai prieghi
I numi impietosir? Fredd’ombra e nuda
Ella di Stige su la nera barca
Varcava già l’irremëabil’onda.       760

     Fama è di lui, che sette interi mesi
Sotto gelida rupe entro uno speco
De lo strimone in riva i suoi dolenti
Casi piangesse, intorno a se traendo
E querce, e tigri impietosite al canto.       765


Tal Filomena tra populee frondi
Duolsi, piangendo gl’involati parti
Che non pennuti ancor trasse l’accorto
Crudo villan da l’appostato nido:
Tutta la notte immobile da un ramo       770
Piange ella, e allunga il flebil canto, empiendo
De’ suoi lamenti i silenziosi campi.

Non di talamo più, non d’altri amori
Voglia il tentò; vedovo e solo i lidi
Del Tanäi nevoso, e i duri ghiacci       775
De gl’iperborei monti, e le deserte,
Non mai prive di gel, rifée campagne
Scorrea, piagnendo la perduta sposa,
E il vano don rimproverando a Dite.

Indarno a lui sprezzate nozze offriro       780
Le tracie donne, che a vendetta mosse
Da’ suoi rifiuti, e da furor sospinte
In mezzo a i sagrificii a le notturne
Orgie di Bacco il trucidar, spargendo
Pei vasti campi i lacerati membri.       785

Tronco dal collo, e galleggiante il capo
Volgea l’Ebro su l’onde, e in fioca voce
La fredda lingua: ahi misera Euridice!
Euridice! negli ultimi respiri
Gía mormorando, e d’Euridice il nome       790
Meste d’intorno ripetean le rive.
     Proteo sì disse, e rapido d’un salto
Nel mar lanciossi; e in vortice spumoso
Si squarciò l’onda, e sovra lui si chiuse.

     Al timido Aristeo Cirene allora       795
Pronta accorrendo: or su, mio figlio, il pianto
Tergi omai, disse, e il tuo dolor consola.
Nota è del morbo la cagion. Le ninfe
Già compagne d’Euridice, che in questi
Boschi con lei danzavano, vendetta       800
Preser ne l’api tue de la sua morte.


Supplice dunque con preghiere e doni
Chiedi pace, e le facili Napée
Venera, o figlio, che pietose a i voti
Daran perdono, e placheran lo sdegno.       805

Or quale il modo di pregar, qual sia
L’ordine a te dirò. Dal pingue armento,
Che a te pasce l’erbifero Liceo,
Quattro di vaghe forme esimii tori,
Ed altrettante di cervice intatta       810
Giovenche eleggi, e quattro altari innalza
Nel tempio de le ninfe; indi le sacre
Vittime svena, e lasciane gli esangui
Corpi insepolti nel frondoso bosco.

Poi quando al nono dì sorga l’aurora       815
Tu di letéi papaveri ad Orfeo
Offri l’esequie, ed una negra a lui
Pecora svena: d’Euridice l’ombra
D’una vitella placherai col sangue.
Ciò fatto il bosco a visitar ritorna.       820
Virgilio, Georgiche (vv. 724-820)
(Traduzione Clemente Bondi, 1799)





OCCHI - LAGO DI NUVOLE
"E' un soffio in nulla. Un calmo alito. Un vento". (**)


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NOTE
(*) George Trakl, An den Knaben Elis.

"Der aber gehst mit weichen Schritten in die Nacth, / (...) / Dein Leib ist eine Hyazinthe, / (...) / das lezte Gold verfallener Sterne //".

(**) Rainer Maria Rilke, Aus den Sonetten an Orpheus.

I, 3. "Ein Hauch um nichts. Ein Wehn in Gott. Ein Wind".